3ª DOMENICA DI AVVENTO – ANNO C – “RALLEGRATEVI”

Ricordati di mettere il cellulare in modalità “aereo” per non disturbare e non essere disturbato.

 

Canto

 

Accensione della candela

Mentre viene accesa la terza candela dell’avvento un lettore dice:

Questa terza candela, Signore,
è la luce della gioia.
Tu sei sempre accanto a noi, Signore,
e questo ci rende sicuri.
Sappiamo di essere amati e accolti sempre.
Per questo vogliamo vivere
secondo giustizia.

Tu ci chiedi di non intralciare
l’azione dello Spirito.
Fa’ che sappiamo scorgere le tracce
delle sua azione in mezzo a noi.

 

Atto penitenziale

Signore Gesù, tu sei la nostra gioia e la nostra danza. Delle nostre tristezze e delle nostre angosce, abbi pietà.
Signore, Pietà!

Cristo Signore, tu sei la nostra salvezza e la nostra fiducia. Delle nostre inquietudini e delle delle nostre paure, abbi pietà.
Cristo, Pietà!

Signore, Gesù, tu sei la nostra pace e il nostro amore. Delle nostre guerre e dei nostri odi, abbi pietà.
Signore, Pietà!

 

Colletta

Preghiamo.
Ciascuno formula in silenzio la propria intenzione di preghiera.

O Dio, fonte di vita e di gioia, rinnovaci con la potenza del tuo Spirito, perché, affrettandoci sulla via dei tuoi comandamenti, portiamo a tutti gli uomini il lieto annuncio del Salvatore, Gesù Cristo tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 

LITURGIA DELLA PAROLA

 

Introduzione alla Liturgia della Parola

L’invito alla gioia perché «il Signore è vicino», come ci dice la seconda lettura, e salva il suo popolo come ci ricorda la prima lettura, rappresenta la caratteristica di questa domenica d’avvento.

Quale sia poi la strada che porta a una gioia duratura e profonda – perché realizza l’incontro con il Signore – viene indicato nel Vangelo: fare frutti di conversione alla fraternità, alla giustizia e al rispetto, secondo l’indicazione di colui del quale Gesù, più avanti, dice «fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni», aggiungendo poi «ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui» (Luca 7).

Infatti mentre Giovanni indica cose da fare, sa che il Messia andrà oltre: immergerà nello Spirito e nel fuoco che purifica e trasforma.

 

Prima Lettura    Sof 3,14-17

Dal libro del profeta Sofonìa

Rallegrati, figlia di Sion,
grida di gioia, Israele,
esulta e acclama con tutto il cuore,
figlia di Gerusalemme!

Il Signore ha revocato la tua condanna,
ha disperso il tuo nemico.
Re d’Israele è il Signore in mezzo a te,
tu non temerai più alcuna sventura.

In quel giorno si dirà a Gerusalemme:
«Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia!
Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te
è un salvatore potente.
Gioirà per te,
ti rinnoverà con il suo amore,
esulterà per te con grida di gioia».

Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.

 

Salmo responsoriale  Da Is 12,2-6

Canta ed esulta, perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.

Ecco, Dio è la mia salvezza;
io avrò fiducia, non avrò timore,
perché mia forza e mio canto è il Signore;
egli è stato la mia salvezza.

Attingerete acqua con gioia
alle sorgenti della salvezza.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere,
fate ricordare che il suo nome è sublime.

Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse,
le conosca tutta la terra.
Canta ed esulta, tu che abiti in Sion,
perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.

A te, Signore, innalzo l’anima mia, in te confido.

 

Seconda Lettura    1Ts 3,12-4,2

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési

Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!

Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti.

E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.

Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.

 

Canto al vangelo        (Is 61,1 [cit. in Lc 4,18])

Alleluia, alleluia.
Lo Spirito del Signore è sopra di me, mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio.
Alleluia, alleluia.

VANGELO  Lc 3,10-18

Dal Vangelo secondo Luca
Gloria a te, o Signore.

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Alle folle che andavano a farsi battezzare da lui, Giovanni diceva: «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco».

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».

Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».

Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Parola del Signore. Lode a te o Cristo.

 

La professione di fede

Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra e in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito da Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio, Padre onnipotente: di là verrà a giudicare i vivi e i morti.

Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la Comunione dei Santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

 

Le folle interrogavano Giovanni
dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?»

 

La nostra preghiera di oggi

Signore, nostro Dio, noi sappiamo che tu non ci abbandoni alle nostre difficoltà. Per questo ci rivolgiamo a te, sicuri di essere ascoltati.

  • Preghiamo per la Chiesa, pellegrina verso il Regno:
    – riprenda il cammino della speranza alla luce del Giorno del Signore.
  • Per i poveri e gli ultimi, che attendono liberazione e salvezza:
    – sia loro annunciata la buona notizia del Vangelo e siano condivisi con loro i beni della terra.
  • Per l’umanità tutta che invoca pace e giustizia:
    – il tuo Spirito infonda nei cuori pensieri di pace, e noi cristiani sappiamo mostrare il tuo volto misericordioso.
  • Per questa nostra assemblea in attesa del Veniente:
    – la nostra preghiera sia incessante, il nostro rendimento di grazie pieno di stupore e la nostra gioia sia sempre attinta nel Signore Gesù.
  • Per le vittime dell’esplosione a Calenzano e per tutti i morti sul posto di lavoro.
    – aiutaci a consolare le famiglie ferite, a non rimanere indifferenti di fronte a questa tragedia e a mettere la tutela della vita prima di ogni profitto.
  • Per Alfiera, Carla e le nostre sorelle e i nostri fratelli defunti:
    – si rinnovi in noi la speranza di essere in Cristo destinati al tuo Regno di gioia.

(Intenzioni personali formulate nel silenzio)

(Tutti): Signore, la tua gioia è capace di rigenerare la nostra esistenza; donaci di poter guardare questa nostra terra in modo nuovo, con sguardo profetico, purificato dal tuo Spirito. Tu vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

 

Canto all’offertorio

 

Prefazio

Innalziamo la nostra lode a te, Padre.
Attraverso la voce dei tuoi profeti
ci hai insegnato a sperare nella salvezza
realizzata pienamente e definitivamente
in Gesù, tuo Figlio,
il Messia atteso dal tuo popolo,
e donato a tutti gli uomini.

Giovanni lo annuncia come colui che
battezza in Spirito santo e fuoco,
e chiede di praticare la giustizia
per disporre il cuore ad accogliere
e sperimentare la sua salvezza.

Immersi nello Spirito
possiamo riconoscere in ogni persona
un fratello e una sorella.
Nell’ascolto e nella fedeltà alla sua Parola
saremo testimoni della grazia che salva,
che ci unisce intimamente a te
e a tutta l’umanità, assetata di speranza.

Sostenuti dalla preghiera dell’assemblea celeste,
in comunione con la comunità ecclesiale
e di chi cerca il tuo volto,
con gioia eleviamo a te il canto della lode:

 

Santo

 

Agnello di Dio

 

Antifona alla comunione

Prima di accostarci al Pane Eucaristico, facciamo memoria del Pane della Parola:

«Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente». (Sof 3,16b-17a)

 

Comunione

 

Canto finale

 

 

Per la preghiera a casa

Orientamenti per la preghiera
Leggere nella bibbia: il cantico di Zaccaria (Luca 1,67-79); l’annuncio della buona notizia della salvezza (Matteo 3,7; 2Corinzi 5).

Le letture di Domenica prossima, quarta di Avvento – anno C
Michea 5,1-4; Salmo 79; Ebrei 10,5-10; Luca 1,39-48.

E noi che cosa dobbiamo fare?
L’invito di Giovanni Battista alla conversione viene accolto dal popolo, ad eccezione dei rappresentanti dell’istituzione religiosa. Al suo battesimo accorrono le folle e accorrono addirittura i pubblicani, i soldati, ma sono assenti scribi, sacerdoti e farisei. Gli appartenenti e i rappresentanti dell’istituzione religiosa sono sempre refrattari o ostili ad ogni invito al cambiamento.
Le folle che invece accolgono l’invito di Giovanni Lo interrogavano chiedendo: “Che cosa dobbiamo fare?” In risposta all’annunzio di Giovanni Battista, “fate opere degne di conversione, di cambiamento”. Nelle risposte di Giovanni Battista non c’è nulla che riguardi la religione, nulla che riguardi il culto. Non dice “andate di più al tempio, portate delle offerte, pregate di più”, ma suggerisce atteggiamenti di giustizia, di solidarietà, di condivisione nei confronti dell’uomo.
Con Giovanni Battista già si annunzia il grande cambiamento che farà Gesù. Il peccato non è quello che offende Dio, ma ciò che offende l’uomo. Vediamo allora le risposte di Giovanni Battista. Rispondeva loro: “Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha”, quindi la pratica della condivisione, “e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”.
Quindi Giovanni invita a un atteggiamento di solidarietà nei confronti degli altri. A sorpresa appaiono anche dei pubblicani. I pubblicani sono gli impuri per eccellenza, sono quelle persone che – così si credeva – anche se un giorno si fossero convertiti, non avrebbero mai potuto salvarsi, perché non potevano restituire il ricavato degli imbrogli di tutta un’esistenza.
Erano quindi i dannati per eccellenza. Ebbene, anche loro vanno a farsi battezzare, con timidezza, dicendo: “Maestro, noi che facciamo?” cioè, c’è una speranza, qualcosa anche per noi? Stranamente Giovanni non li allontana, non li minaccia – tanto per loro non c’era nessuna salvezza – e dà questa risposta sorprendente: “Non esigete nulla più di quanto vi è stato fissato”. Cioè possono continuare a fare un’attività che è considerata disonesta, però facendola onestamente.
È sorprendente l’apertura di Giovanni Battista nei confronti di questa categoria. Dio accetta le persone così come sono. Intervengono anche i soldati probabilmente, gli occupanti, Lo interrogavano anche alcuni soldati: “E noi che cosa dobbiamo fare?” Rispose loro: “Non maltrattate”, cioè non prendete denaro con violenza, “e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe”.
Quindi invita i soldati ad evitare l’ingiustizia e a non darsi – come era pratica usuale dei soldati – a saccheggi e rapine. C’è grande aspettativa da parte del popolo, che pensa che forse in questo profeta che è apparso nel deserto, si manifesti l’atteso liberatore del popolo, cioè il messia. Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo…
Il termine greco “Cristo” traduce l’ebraico “messia”, l’inviato da Dio, l’unto del Signore. Giovanni rispose loro tutti dicendo: “Io vi battezzo con acqua”. Il rito di Giovanni era un rito esterno, l’acqua è un elemento esterno, un segno di cambiamento, di conversione. Per comprendere l’espressione di Giovanni che segue, bisogna rifarsi ad una pratica matrimoniale dell’epoca, chiamata “legge del Levirato”, da Levir, che significa “cognato”.
In che consisteva questa pratica? Quando una donna rimaneva vedova senza un figlio, il cognato aveva l’obbligo di metterla incinta. Il bambino nato avrebbe portato il nome del padre, così il suo nome si sarebbe perpetuato per sempre. Quando il cognato rifiutava di mettere incinta questa donna provvedeva colui che, secondo la scala giuridica, aveva diritto dopo di lui. E per farlo procedeva alla cerimonia chiamata “dello scalzamento”, scioglieva i legacci del sandalo della persona, prendeva il sandalo ed era una maniera per dire: “il tuo diritto di mettere incinta questa donna lo prendo io”.
Questo lo possiamo trovare nella Bibbia, nel libro del Deuteronomio, al capitolo 25, oppure nella storia di Ruth. Allora, comprendendo questo uso matrimoniale, si capisce meglio l’espressione di Giovanni Battista: “Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me e a cui non
sono degno di slegare i legacci dei sandali”. Non è una lezione di umiltà quella di Giovanni Battista, ma sta parlando di colui che deve fecondare questo popolo, colui che deve dare figli a questo popolo non sono io, ma colui che viene dopo di me.
Quindi è l’annunzio di Giovanni Battista come sposo del popolo. “Egli vi battezzerà in Spirito Santo”, cioè un’immersione interiore, è un impregnare le persone della forza e dell’energia di Dio, “e fuoco”, Spirito, vita per chi lo accoglie e fuoco, cioè un castigo per chi lo rifiuta.
E infatti ecco l’immagine di Giovanni “tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile”.
Poi il povero Giovanni Battista andrà in crisi con la venuta di Gesù perché Gesù annunzierà un messaggio di vita, ma non di castigo, non di distruzione. E quando Gesù dovrà citare quello che Giovanni ha detto, censurerà il fatto del fuoco, infatti Gesù negli Atti, capitolo 1, versetto 5, dice: “Giovanni ha battezzato con acqua, ma voi invece sarete battezzati in Spirito Santo fra non molti giorni”.
Il fuoco non c’è. Da parte di Dio c’è soltanto un’offerta d’amore e non c’è nessun cenno di castigo per i malvagi. Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo, cioè annunziava la buona notiziala buona notizia che poi si manifesterà nella persona di Gesù che presenterà il volto di un Dio non buono, ma esclusivamente buono, un Dio che riverserà il suo amore anche sugli ingrati e i malvagi.
p. Alberto Maggi

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