6ª Domenica T.O. – ANNO A
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Canto
Atto penitenziale
Signore, per le nostre condanne che creano emarginazione e isolamento, abbi pietà di noi.
Signore, pietà!
Cristo, per tutte le volte che non siamo tuoi imitatori nella misericordia, abbi pietà di noi.
Cristo, pietà!
Signore, per i nostri passi che arretrano di fronte alla supplica di chi soffre, abbi pietà di noi.
Signore, pietà!
Gloria
Colletta
Preghiamo.
Ciascuno formula in silenzio la propria intenzione di preghiera.
Padre, che nel tuo Figlio crocifisso annulli ogni separazione e distanza, aiutaci a scorgere nel volto di chi soffre l’immagine stessa di Cristo, per testimoniare ai fratelli la tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo tuo Figlio che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Lv 13,1-2.45-46
Il Libro del Levitico fa parte del Pentateuco, i primi 5 libri della Bibbia che gli Ebrei chiamano “Torah”, ossia Legge. Questi sono attribuiti a Mosè, il che può avere un senso in relazione ai messaggi fondamentali, ma non sicuramente alla loro stesura. Il Levitico è composto principalmente da leggi e istruzioni rituali date agli israeliti durante il loro pellegrinaggio nel deserto. In sintesi, il Levitico fornisce dettagliate norme rituali e morali per la vita quotidiana degli israeliti, che qui si applicano alla triste condizione del malato di lebbra.
Dal libro del Levìtico
Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse:
«Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli. […]
Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”.
Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento».
Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.
Salmo responsoriale dal Salmo 31 (32)
Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia.
Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.
Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.
Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia!
Seconda Lettura 1Cor 10,31-11,1
Con questa domenica si conclude la lettura semicontinua dei capitoli da 6 a 11 della prima lettera ai Corinzi. “«Tutto è lecito!». Sì, ma non tutto giova. «Tutto è lecito!». Sì, ma non tutto edifica. Nessuno cerchi il proprio interesse, ma quello degli altri”: sono espressioni chiave che precedono questo brano. Per Paolo la fede debole di qualche fratello non è qualcosa da disprezzare, ma da accogliere e rispettare.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.
Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza.
Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo.
Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.
Canto al vangelo Lc 7,16
Alleluia, alleluia.
Un grande profeta è sorto tra noi,
e Dio ha visitato il suo popolo.
Alleluia, alleuia.
VANGELO Mc 1,40-45
La cosiddetta “Giornata di Cafarnao” con la quale Marco presenta Gesù ha un’appendice con l’incontro col lebbroso. La prima lettura ci ha mostrato la situazione di impurità e di esclusione che il malato di lebbra porta su di sé. Gesù lo guarisce toccandolo, cioè sostituendosi a lui nella condizione di impurità. E mentre è riuscito a imporre il silenzio ai demoni, nulla può con la disobbedienza dell’uomo guarito.
Dal Vangelo secondo Marco
Gloria a te, o Signore.
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Parola del Signore. Lode a te o Cristo.
La professione di fede
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. (si china il capo) Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine.
Credo nello Spirito santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei profeti.
Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.
Tese la mano,
lo toccò
e gli disse:
«Lo voglio,sii purificato!»
La nostra preghiera di oggi
Come il lebbroso rivolgiamoci al Signore, affinché ascolti le nostre preghiere e ci doni la sua salvezza.
- Quando la notte ci sorprende nel nostro cammino, quando fuggiamo dalla verità,
– tu che sei la Luce guidaci alla terra promessa. - Quando ci perdiamo nelle valli della morte, quando il dolore è più forte della speranza,
– tu che sei il Pastore tienici per mano e donaci il tuo amore. - Quando il male ci prende nei suoi tranelli, quando l’egoismo ha il sopravvento sulla carità,
– tu che sei il Salvatore guarisci le nostre ferite. - Quando la paura ci coglie e noi vacilliamo, quando tutto sembra non avere senso,
– tu che sei la Roccia sostienici e salvaci. - Quando la solitudine ci ferisce e ci opprime, quando non ci sentiamo amati,
– tu che sei il “Dio con noi” consolaci e donaci la tua tenerezza. - Quando la morte si avvicina e ci visita,
– tu che sei la Vita, dona a noi, a Luigi, a Maria Vittoria e ai nostri fratelli e sorelle defunti, la resurrezione.
(Intenzioni personali formulate nel silenzio)
(Tutti) O Signore Gesù, hai preso su di te i nostri peccati e ti sei caricato le nostre miserie, aiutaci a condividere con i fratelli le gioie e i dolori per donare a tutti un raggio della tua speranza. Tu sei Dio e vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.
Canto all’offertorio
Santo
Agnello di Dio
Antifona alla comunione
Prima di accostarci al Pane Eucaristico, facciamo memoria del Pane della Parola che abbiamo ricevuto dicendo insieme:
«Signore, se vuoi, puoi purificarmi». «Lo voglio, sii purificato!». (Cf. Mc 1,40.41)
Comunione
Canto finale
Per la preghiera a casa
Orientamenti per la preghiera
Leggere nella Bibbia: la lebbra (Levitico 13; 14,1-32); le guarigioni di lebbrosi (2 libro dei Re 5; Es odo 4,6-9; Matteo 8,2-4; 10,8; Luca 5,12-16; 7,22-23; 17,11-19).
Letture di domenica prossima, I domenica di quaresima – anno B:
Genesi 9,8-15; Salmo 24; 1Pietro 3,18-22; Marco 1,12-15
Guarire i lebbrosi
La prima lettura della messa di oggi è un piccolo brano tratto da una lunga sezione del libro del Levitico (Lv 13-14), dedicata alla peggiore delle malattie che l’uomo della Bibbia potesse concepire: la lebbra. Con tale termine, in realtà, i capitoli 13 e 14 del libro del Levitico abbracciano ogni tipo di malattia della pelle, ma, in modo particolare, proprio quel terribile morbo, la cui sola menzione evoca ancora oggi orrore e ribrezzo.
Il lebbroso, come è evidente dal testo liturgico, si trova immediatamente messo ai margini della comunità d’Israele e, anche nel modo di vestire e nel comportamento esteriore, deve portare su di sé i segni del proprio stato d’impurità. Non si tratta soltanto di norme igieniche atte ad evitare il contagio. Almeno due elementi, nel testo, ci aiutano a comprendere come la lebbra abbia per Israele un’evidente portata religiosa. È ai sacerdoti, infatti, che spetta diagnosticare la malattia, come già appare nel piccolo brano liturgico; il testo di Lv 14,1-32 aggiunge inoltre che, in caso di avvenuta guarigione, il lebbroso dovrà offrire, ancora davanti ai sacerdoti, un sacrificio di espiazione. La lebbra, pertanto, non è soltanto una malattia, o, meglio, come tutte le malattie, è per Israele il segno di una punizione divina per qualche colpa commessa dall’uomo o dai suoi padri; si vedano al riguardo alcuni casi narrati nella Bibbia: quel che viene detto, in 2 Re 15,5, a proposito del re Azaria; il caso del re Ozia in 2 Cr 26,19ss e la punizione di Maria, sorella di Mosè, in Num 12,10. Il salmo penitenziale (Sal 31) scelto come responsorio dopo la prima lettura sembra quasi voler rafforzare questa tragica connessione tra lebbra e peccato. Nel giudaismo, specialmente all’epoca di Gesù, si moltiplicheranno le prescrizioni concernenti i lebbrosi e un intero trattato della Mishna sarà dedicato proprio a questo soggetto. Lo storico giudaico Giuseppe Flavio, nella seconda metà del I sec. d.C. scriverà che un lebbroso non differisce in nulla da un morto e, non a caso, il Talmud babilonese, cuore della tradizione d’Israele, descriverà la guarigione di un lebbroso proprio come una vera risurrezione dai morti.
In questa terribile atmosfera, dunque, ci colloca la prima lettura all’interno di una categoria di uomini considerati giustamente colpiti da Dio, a causa delle loro colpe o di quelle dei loro padri, ed eliminati, di fatto, dalla società umana. Anche nel cristianesimo la sorte dei lebbrosi non sarà molto diversa. Potremmo aggiungere come, in realtà, le cose non siano cambiate di molto neppure al giorno d’oggi; malati, handicappati, poveri di ogni tipo sono talora trattati molto peggio dei lebbrosi d’un tempo (che, tra l’altro, esistono ancora) e sono tuttora ai margini della società. È facile capire, su questo sfondo, la portata e la novità espressa nel piccolo brano di Marco, proposto oggi proprio in relazione al testo del Levitico.
Prima di affrontare la lettura del piccolo brano di Marco che la liturgia ci propone, vale la pena di ricordare come, nei vangeli, ci venga presentata la figura del lebbroso. Gesù non ha paura di avvicinarsi ai lebbrosi, e neppure ha timore di toccarli, contravvenendo così alla Legge mosaica (v. sopra); sia Marco che Matteo ci descrivono il soggiorno di Gesù presso la casa di un tale chiamato Simone il lebbroso (Me 14,3; Mt 26,6). Già questa azione pone Gesù in uno stato di impurità legale e quindi in conflitto con la Legge. .
Tutti e tre i vangeli sinottici ci presentano poi la guarigione di un lebbroso da parte di Gesù; oltre al nostro testo di Marco, l’episodio è riportato anche da Mt 8,1-4 e Lc 5,12-16, mentre Lc 17,12 racconta invece la guarigione di dieci lebbrosi. In Mt 11,5 (v. Lc 7,22) la guarigione dei lebbrosi diviene un segno, in risposta ai dubbi del Battista, circa l’autenticità della missione di Gesù. Già l’Antico Testamento aveva presentato la guarigione di un lebbroso, Naaman il Siro, come un’opera straordinaria compiuta da parte del profeta Eliseo (2 Re 5,8-14); gli stessi gesti, compiuti ora da Gesù, rivelano come in lui si realizzi la salvezza annunziata dai profeti (v. anche Lc 4,27, con un riferimento proprio alla guarigione di Naaman). Anche gli apostoli riceveranno la stessa missione: guarire i lebbrosi (Mt 10,8). L’atteggiamento di Gesù nei confronti di questa categoria di malati acquista perciò un valore esemplare. È in questa chiave che va letto anche l’episodio descrittoci da Marco.
Il miracolo, narratoci da Marco, al termine della giornata di Gesù a Cafarnao (v. le due domeniche precedenti) è stranamente privo di ogni contestualizzazione sia geografica che cronologica; è un miracolo, potremmo dire, valido per ogni tempo e per ogni luogo. La scena si apre mettendo subito in rilievo la figura del lebbroso, che già trasgredisce la Legge nel momento stesso in cui si avvicina a Gesù, senza avvertirlo del proprio stato d’impurità. Il lebbroso è dunque un uomo che ha preso coscienza della propria situazione disperata e che, soprattutto, ha compreso come soltanto da Gesù, può ottenere quella salvezza di cui ha bisogno. E rompe gli indugi, non ha paura neppure di trasgredire quella Legge di Dio, che, nel suo caso, si rivela solo tradizione degli uomini. Il suo cadere in ginocchio e la sua preghiera, “se vuoi, puoi mondarmi”, sono il segno della sua fede profonda che supera ogni timore.
Nella risposta di Gesù non deve sfuggire l’atteggiamento nel quale Marco lo descrive: “mosso a compassione”; l’espressione usata da Marco ricorda un’analoga espressione ebraica, che indica il muoversi delle viscere. È quasi un attributo materno quello con il quale Gesù viene presentato; di fronte alla lebbra non resta indifferente, ma si commuove, come una madre nei confronti del figlio. All’atteggiamento interiore si aggiunge un gesto esteriore: Gesù tende la mano al lebbroso, e lo tocca, gesto che sarà ripetuto da altri uomini, che come Francesco, ne hanno ben compreso la portata rivoluzionaria. L’amore è dunque più forte di qualsiasi legge, anche di quella di Mosè. Più forte ancora è la volontà di Gesù: egli vuole la salvezza dell’uomo e, per questo, l’uomo viene risanato. La scomparsa della lebbra è così qualcosa di ben più grande di una semplice guarigione fisica. Significa la reintegrazione del malato all’interno di quella società dalla quale era stato escluso; significa, in tutti i sensi, il ritorno alla vita.
La conclusione dell’episodio è tipica del vangelo di Marco: Gesù ammonisce l’uomo risanato perché non parli agli altri di ciò che gli è accaduto. Da un lato, questo significa che Gesù non cerca pubblicità a buon mercato, anche se gli succede proprio ciò che voleva evitare (v. 42): tutti vengono infatti a cercarlo per essere guariti, dal momento che l’uomo, una volta risanato, disubbidisce a Gesù e non nasconde ciò che gli è accaduto. D’altra parte, invece, ci troviamo qui di fronte a quel “segreto messianico”, che, come già si è detto, caratterizza il secondo vangelo. Solo sulla croce si potrà comprendere la vera identità del Figlio di Dio; i miracoli sono soltanto segni, una sorta di linguaggio cifrato, che aiutano a comprendere qualcosa della persona di Gesù, ma che non ne svelano in pienezza il mistero.
L’unica cosa che il lebbroso guarito deve fare è presentarsi ai sacerdoti perché ne attestino l’avvenuta guarigione e, in questo modo, si sentano provocati dal segno compiuto da Gesù. Lo comprenderanno, oppure lo rifiuteranno, chiudendosi nel rigetto di tutto quanto Gesù fa e dice? Nella sezione che segue (Mc 2,1-3,6) Marco presenterà cinque controversie tra Gesù e le autorità giudaiche, preparate già da questo breve accenno ai sacerdoti, che, evidentemente, non vogliono comprendere quel che Gesù ha fatto e anticipano, in questo modo, le cinque polemiche seguenti. Marco, tuttavia, sta rivolgendosi ai membri della sua comunità, a dei cristiani, dunque; non dimentichiamoci che in questa prospettiva dobbiamo leggere queste pagine: se, pertanto, nella figura del lebbroso Marco suggerisce l’atteggiamento che ogni credente dovrebbe avere di fronte a Gesù, anche nella menzione dei sacerdoti, che anticipa il successivo rifiuto da parte delle autorità giudaiche, egli ci ricorda la possibilità, sempre presente, di rifiutare, proprio da parte dei credenti, l’opera di salvezza compiuta per noi dal Signore e che la guarigione del lebbroso ci ricorda.
Luca Mazzinghi