26ª DOMENICA T.O. – ANNO B

Ricordati di mettere il cellulare in modalità “aereo” per non disturbare e non essere disturbato.

 

Canto

 

Atto penitenziale

Signore, se con i nostri atteggiamenti personali o con quelli della comunità cristiana abbiamo scandalizzato, abbi pietà di noi.
Signore, Pietà!

Cristo, se con la nostra superficialità non abbiamo preso in seria considerazione la tua radicalità evangelica, abbi pietà di noi.
Cristo, Pietà!

Signore, per quel tanto che anche noi abbiamo partecipato a sfruttare il debole, ad accumulare ricchezze a danno del povero, abbi pietà di noi.
Signore, Pietà!

 

Gloria

 

Colletta

Preghiamo.
Ciascuno formula in silenzio la propria intenzione di preghiera.

O Dio, che in ogni tempo hai parlato al tuo popolo per bocca dei profeti, effondi il tuo Spirito, perché ogni uomo sia ricco del tuo dono, e a tutti i popoli della terra siano annunciate le meraviglie del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 

LITURGIA DELLA PAROLA

 

Introduzione alla Liturgia della Parola

Come lo Spirito non si limita a Mosè e ai 70, ma è molto libero nella sua azione, così sono al servizio del regno non solo i discepoli, ma anche altre persone più indipendenti. Ciò che infatti determina l’entrata nella “vita”, nel “regnon di Dio” – che risparmia dal giudizio di condanna – non è l’appartenenza esteriore al gruppo dei credenti, ma l’aver sradicato dalle propria esistenza tutto ciò che è fonte di male, lo sfruttamento del prossimo e la ricchezza ingiustamente accumulata.

Prima Lettura    Nm 11,25-29

Dal libro dei Numeri

In quei giorni, il Signore scese nella nube e parlò a Mosè: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più in seguito.

Ma erano rimasti due uomini nell’accampamento, uno chiamato Eldad e l’altro Medad. E lo spirito si posò su di loro; erano fra gli iscritti, ma non erano usciti per andare alla tenda. Si misero a profetizzare nell’accampamento.

Un giovane corse ad annunciarlo a Mosè e disse: «Eldad e Medad profetizzano nell’accampamento». Giosuè, figlio di Nun, servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza, prese la parola e disse: «Mosè, mio signore, impediscili!». Ma Mosè gli disse: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!».

Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.

 

Salmo responsoriale  dal Salmo 18 (19)

I precetti del Signore fanno gioire il cuore.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Anche il tuo servo ne è illuminato,
per chi li osserva è grande il profitto.
Le inavvertenze, chi le discerne?
Assolvimi dai peccati nascosti.

Anche dall’orgoglio salva il tuo servo
perché su di me non abbia potere;
allora sarò irreprensibile,
sarò puro da grave peccato.

I precetti del Signore fanno gioire il cuore.

 

Seconda Lettura    Gc 5,1-6

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni!

Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore onnipotente.

Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage.

Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza.

Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.

 

Canto al vangelo        (Gal 6,14)

Alleluia, alleluia.
La tua parola, Signore, è verità; consacraci nella verità. (Cf. Gv 17,17b.a))
Alleluia, alleluia.

VANGELO  Mc 9,38-43.45.47-48

Dal Vangelo secondo Marco
Gloria a te, o Signore.

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.

Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.

Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

Parola del Signore. Lode a te o Cristo.

 

La professione di fede

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. (si china il capo) Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine.

Credo nello Spirito santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei profeti.

Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.


Chi non è
contro di noi
è per noi

 

La nostra preghiera di oggi

Rivolgiamo la nostra preghiera al Padre perché il dono dello Spirito ci renda profeti capaci di manifestare le meraviglie del suo amore:

  • Per la nostra Chiesa di Firenze:
    – il cammino pastorale, che oggi inizia con il suo nuovo vescovo Gherardo, aiuti a leggere e comprendere i segni dei tempi, per riconoscere la libera azione di Dio che si manifesta in ogni uomo.
  • Per i bambini che oggi ricevono il Battesimo
    – Possano sempre contare su una famiglia e una comunità che testimoni loro la bellezza delle fede nel Signore risorto.
  • Per una economia rinnovata, al servizio dell’uomo e dell’ambiente:
    – perché si amministrino con responsabilità e giustizia, ai vari livelli, le ricchezze che sono a disposizione per il bene comune.
  • Per tutti coloro che hanno a rischio il proprio posto di lavoro:
    – i politici abbiano il coraggio di intervenire con leggi che garantiscano il lavoro e la dignità di ogni persona.
  • Ti chiediamo perdono per gli scandali che in questi tempi la chiesa ha posto come ostacolo all’incontro con te:
    – nella tua misericordia guarisci i cuori feriti, correggi i nostri errori e insegnaci la compassione per chi cade.
  • Per noi qui riuniti:
    – perché sappiamo renderci liberi da tutto ciò che impedisce una concreta e coerente adesione a Cristo Signore.
  • Perché Roberto, Giancarlo e le nostre sorelle e i nostri fratelli defunti possano contemplare il tuo volto
    – dona a loro il riposo nella luce e nella pace.

(Intenzioni personali formulate nel silenzio)

Concludiamo recitando insieme la preghiera che Papa Francesco ha proposto per la Giornata del Migrante e del Rifugiato.

(Tutti): Dio, Padre onnipotente, noi siamo la tua Chiesa pellegrina in cammino verso il Regno dei Cieli. Abitiamo ognuno nella sua patria, ma come fossimo stranieri. Ogni regione straniera è la nostra patria, eppure ogni patria per noi è terra straniera. Viviamo sulla terra, ma abbiamo la nostra cittadinanza in cielo. Non permettere che diventiamo padroni di quella porzione del mondo che ci hai donato come dimora temporanea. Aiutaci a non smettere mai di camminare, assieme ai nostri fratelli e sorelle migranti, verso la dimora eterna che tu ci hai preparato. Apri i nostri occhi e il nostro cuore affinché ogni incontro con chi è nel bisogno, diventi un incontro con Gesù, tuo Figlio e nostro Signore.

 

Canto all’offertorio

Santo

 

Agnello di Dio

 

Antifona alla comunione

Prima di accostarci al Pane Eucaristico, facciamo memoria del Pane della Parola:

È meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo che essere gettato con due occhi nella Geenna. (Mc 9,47)

 

Comunione

 

Canto finale

Per la preghiera a casa

Orientamenti per la preghiera
Leggere nella bibbia: lo scandalo (Romani 14,1-15,13); la salvezza universale (Galati 3 e Apocalisse 21).

Letture di domenica prossima, XXVII del Tempo ordinario anno B:
Genesi 2,18-24; salmo 128; Lettera agli Ebrei 2,9-11; Marco 10,2-16.

Fossero tutti profeti!
L’invito a farsi ultimi e a diventare servi che abbiamo ascoltato nel vangelo di domenica scorsa continua anche oggi, sotto un aspetto molto particolare; la capacità di accogliere l’altro e la qualità di una fede che non può mai essere “polemica”, ma può soltanto essere “accogliente”.
Il brano scelto come prima lettura è un piccolo episodio tratto dalle tradizioni sacerdotali su Mosè contenute nel libro dei Numeri. Mosè è presentato come un capo carismatico, pieno dello «spirito del Signore» che, in questi testi, non è ancora lo Spirito Santo, ma è piuttosto il segno della presenza di Dio nell’uomo in ordine allo svolgimento di una determinata missione. Di questo spirito, Dio è l’assoluto dispensatore: lo dà a chi vuole e quando vuole, come avviene in questo caso: lo spirito è donato a «settanta anziani» che dovranno aiutare Mosè a governare il popolo. Si tratta di un dono temporaneo, che non sminuisce la singolarità della figura di Mosè.
In questo sfondo s’inserisce l’episodio che la liturgia vuol mettere in luce: due dei prescelti, di nome Eldad e Medad, si trovano ancora nell’accampamento, fuori dalla «tenda del convegno» dove Mosè e gli altri anziani prescelti dovevano incontrarsi con Dio, eppure vengono anch’essi investiti dallo spirito del Signore e si mettono a “profetizzare”; non sappiamo che cosa esattamente facessero, se non che erano evidentemente pieni di questa forza che viene da Dio stesso.
Un giovane troppo zelante, di quelli che un giorno diventeranno famosi, Giosuè, corre subito a denunziare il fatto a Mosè, perché egli intervenga ad impedire un tale scandalo. Ma la risposta di Mosè è tagliente e mette in luce il doppio errore di Giosuè: prima di tutto contro Dio, del quale Giosuè pretende di imprigionare l’attività; in secondo luogo contro i fratelli, dei quali Giosuè pretende di misurare i doni secondo i propri criteri personali e dei quali, in fondo, si rivela soltanto geloso. L’esclamazione di Mosè «fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il suo Spirito» è molto bella e rivela, tra l’altro, un lato significativo del carattere di questo personaggio, «il più mansueto degli uomini della terra» (Num 12,3). Ma c’è di più: nessuno può misurare i doni degli altri pretendendo che corrispondano agli schemi e ai limiti che noi abbiamo fissato. Lo spirito, in particolare, è un dono che non può aver confini e che, infatti, Mosè auspica per tutti; è quel dono che, per i cristiani, si realizza nello Spirito Santo dato a tutti nel battesimo.
Lasciando da parte il tema molto provocatorio, ma estremamente interessante proposto dal brano della lettera di Giacomo scelto come seconda lettura (Ge 5,1‑6, l’accusa mossa ai ricchi), veniamo al testo del vangelo, la cui prima parte è illuminata molto bene da ciò che abbiamo appena letto.
I discepoli hanno visto un tale che scacciava i demoni nel nome di Gesù e glielo hanno impedito perché, essi dicono, «non era dei nostri». Episodi di esorcismo non erano rari nel contesto dell’epoca e non c’è da meravigliarsi se qualcuno, non sappiamo se in buona o in cattiva fede, usurpava per questo scopo il nome di Gesù. Anche in questo caso c’è un giovane zelante, un altro personaggio che sarà famoso, Giovanni, che si preoccupa subito di avvertire il Maestro. Ma come, non lo sapevi? Sarà uno scandalo se permetti a quell’imbroglione di parlare in tuo nome! Giovanni incarna qui l’uomo di chiesa sempre preoccupato della purezza della fede e dell’integrità della comunità, ma, soprattutto, veramente preoccupato del mantenimento del proprio potere (v. l’episodio precedente sulla discussione relativa a chi è il più grande). All’incomprensione dei discepoli di fronte all’annunzio della morte di Gesù (Mc 9,32) si aggiunge così quella per la sua tolleranza nei confronti degli altri.
Non era dei nostri! Come se Gesù fosse un oggetto da possedere e da non poter condividere altro che con gli addetti ai lavori. La risposta di Gesù sembra, a prima vista, venata d’opportunismo. In realtà egli vuol far vedere come la potenza del suo nome vada bene al di là di tutto ciò che gli stessi discepoli potevano immaginare. Anch’essi devono considerarsi allora come uomini in cerca della verità e non gente che la possiede e la impone agli altri; raggi inaspettati di questa stessa verità, infatti, si possono trovare anche là dove meno ci si aspetta e i discepoli lo stanno imparando dalla bocca stessa di Gesù. In altre parole, la comunità cristiana non può pretendere di trovare solo in se stessa le ragioni della propria esistenza né pretendere di “possedere” il Cristo, dimenticando così che molto spesso le lezioni più grandi vengono da quelli che «non sono dei nostri». Non si può certo essere gelosi di Gesù!
«Chi non è contro di noi ‑ perciò ‑ è con noi». A questa affermazione Marco lega un detto di Gesù relativo alla ricompensa data a chi offrirà anche un solo bicchier d’acqua a un discepolo; questa frase, slegata in apparenza dal contesto precedente, serve in realtà per collegare, attraverso la figura dei discepoli qui identificati con i “piccoli”, le due parti del vangelo di oggi. Inoltre, il brano del «bicchier d’acqua» mette in risalto come l’unico atteggiamento consentito ai discepoli è quello di un servizio offerto agli altri senza alcun potere e senza alcuna pretesa, un essere “piccoli” che può aspettarsi, al massimo, il dono di un bicchier d’acqua. Ancora una volta ritornano i due terni già visti la domenica passata: l’ultimo e il servo.
Sul tema del “piccolo” si innesta l’ultima parte del vangelo di oggi (9,41‑50), senz’altro più difficile e provocatoria, dalla quale la liturgia elimina gli ancora più difficili vv. 49‑50. Si tratta di una composizione originale di Marco che non si trova, come tale, negli altri vangeli.
Due parole chiave reggono questa sezione: il “piccolo” e lo “scandalo”. I piccoli sono qui i membri più umili, più deboli della comunità; non sappiamo esattamente a chi pensasse Marco; le lettere di Paolo saranno più esplicite su questi cristiani fragili, spesso portati fuori strada dal comportamento sbagliato dei propri stessi fratelli. Lo scandalo ‑ skandalon in greco ‑ è l’ostacolo che impedisce all’uomo di entrare in rapporto con Dio o l’ostacolo che egli stesso pone di fronte agli altri, impedendo loro di vivere la fede. «Scandalizzare i piccoli» è, evidentemente, quest’ultima cosa, il frutto di una vita vissuta in modo incoerente con la propria fede; la Chiesa conosce molte di queste tristi storie e ognuno di noi potrebbe citare qualcuno che ha abbandonato la fede spinto dallo scandalo ricevuto da coloro che dicono di essere credenti. Per Gesù si tratta di un fatto così grave tanto che a tutto ciò è paradossalmente preferibile la morte, descritta come il mettersi al collo una pesantissima macina da mulino, come si vede bene proprio a Cafarnao, e gettarsi in mare, cioè nel lago, a poche decine di metri di distanza. Siamo di fronte a un grosso richiamo alla nostra responsabilità di credenti.
I versetti che seguono (9,43‑48) proseguono sul tema dello scandalo, ma lo applicano, in questo caso, a ciò che l’uomo compie nei confronti di se stesso. Si tratta cioè della realtà del peccato, che richiede una conversione radicale e urgente. Per esprimere tale radicalità Gesù si serve di immagini crude e paradossali: mani, piedi, occhi, che indicano i diversi modi nei quali l’uomo può peccare, debbono essere tagliati via, piuttosto che rischiare di finire «nella Geenna». Tutta la forza delle frasi sta proprio nel paradosso che esse vengono a creare, non certo in qualcosa che debba essere preso alla lettera. L’immagine della Geenna, in modo particolare, colpisce la fantasia degli abitanti di Gerusalemme: nella valle del Ghe‑Hinnom, dove un tempo si sacrificavano i bambini nel fuoco, offerti al terribile dio Molok, al tempo di Gesù si bruciavano le immondizie e si svolgevano attività considerate impure dalla legge di Mosè. Il fuoco della Geenna diviene in questo modo l’immagine di una rovina totale e, alla luce del versetto 48 che allude al testo di Is 66,24, anche della punizione che attende i malvagi; di fronte a questa prospettiva è preferibile sacrificare anche una parte preziosa di se stessi, pur di salvare la propria vita. I ripetuti accenni fatti da Gesù alla punizione non servono però a fini di minaccia, ma piuttosto come stimolo per iniziare un cammino di sincera conversione.
Luca Mazzinghi

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