21ª DOMENICA T.O. – ANNO B
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Canto
Atto penitenziale
Signore, tante volte non ti abbiamo servito, ma ci siamo serviti di te per giudicare i nostri fratelli. Per noi e per la chiesa: Signore, pietà.
Signore pietà.
Cristo, tu ami la chiesa fino a dare te stesso per lei. Perdona le nostre infedeltà verso di te e verso i nostri fratelli, le nostre incoerenze e ipocrisie. Per noi e per la chiesa: Cristo, pietà.
Cristo pietà.
Signore, tante volte ascoltiamo le tue parole ma non lasciamo che queste incidano nella nostra vita, le adattiamo a ciò che ci fa più comodo. Per noi e per la chiesa: Signore, pietà.
Signore pietà.
Gloria
Colletta
Preghiamo.
Ciascuno formula in silenzio la propria intenzione di preghiera.
O Dio, nostra salvezza, che in Cristo, tua parola eterna, riveli la pienezza del tuo amore, guidaci con la luce dello Spirito, perché nessuna parola umana ci allontani da te, unica fonte di verità e di vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
LITURGIA DELLA PAROLA
Introduzione alla Liturgia della Parola
La vita dell’uomo è una scelta continua: tra bene e male, tra speranza e disperazione, tra fede e incredulità. Per tutti c’è il momento della crisi, della scelta decisiva che indirizza la nostra vita.
La prima lettura ci mostra che avvenne per gli israeliti, nel passaggio verso una condizione esistenziale nuova.
La seconda lettura esorta alla scelta di non impostare la vita matrimoniale sulla prevaricazione, ma sulla reciproca donazione di sé.
Il Vangelo infine mostra la scelta dei discepoli di fronte al rifiuto di Gesù di diventare il Messia supereroe, per donarsi come cibo a tutti.
Prima Lettura Gs 24,1-2a.15-17.18b
Dal libro di Giosuè
Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo:
«Così dice il Signore, Dio d’Israele:
“Nei tempi antichi i vostri padri, tra cui Terach, padre di Abramo e padre di Nacor, abitavano oltre il Fiume. Essi servivano altri dèi. Io presi Abramo, vostro padre, da oltre il Fiume e gli feci percorrere tutta la terra di Canaan. Moltiplicai la sua discendenza e gli diedi Isacco. A Isacco diedi Giacobbe ed Esaù; assegnai a Esaù il possesso della zona montuosa di Seir, mentre Giacobbe e i suoi figli scesero in Egitto.
In seguito mandai Mosè e Aronne e colpii l’Egitto con le mie azioni in mezzo a esso, e poi vi feci uscire. Feci uscire dall’Egitto i vostri padri e voi arrivaste al mare. Gli Egiziani inseguirono i vostri padri con carri e cavalieri fino al Mar Rosso, ma essi gridarono al Signore, che pose fitte tenebre fra voi e gli Egiziani; sospinsi sopra di loro il mare, che li sommerse: i vostri occhi hanno visto quanto feci in Egitto. Poi dimoraste lungo tempo nel deserto. Vi feci entrare nella terra degli Amorrei, che abitavano ad occidente del Giordano. Vi attaccarono, ma io li consegnai in mano vostra; voi prendeste possesso della loro terra e io li distrussi dinanzi a voi. In seguito Balak, figlio di Sippor, re di Moab, si levò e attaccò Israele. Mandò a chiamare Balaam, figlio di Beor, perché vi maledicesse. Ma io non volli ascoltare Balaam ed egli dovette benedirvi. Così vi liberai dalle sue mani.
Attraversaste il Giordano e arrivaste a Gerico. Vi attaccarono i signori di Gerico, gli Amorrei, i Perizziti, i Cananei, gli Ittiti, i Gergesei, gli Evei e i Gebusei, ma io li consegnai in mano vostra. Mandai i calabroni davanti a voi, per sgominare i due re amorrei non con la tua spada né con il tuo arco. Vi diedi una terra che non avevate lavorato, abitate in città che non avete costruito e mangiate i frutti di vigne e oliveti che non avete piantato”.
Ora, dunque, temete il Signore e servitelo con integrità e fedeltà. Eliminate gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume e in Egitto e servite il Signore».
«Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore».
Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati.
Il Signore ha scacciato dinanzi a noi tutti questi popoli e gli Amorrei che abitavano la terra.
Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio».
Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.
Salmo responsoriale dal Salmo 33 (34)
Gustate e vedete com’è buono il Signore.
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.
Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.
Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Molti sono i mali del giusto,
ma da tutti lo libera il Signore.
Custodisce tutte le sue ossa:
neppure uno sarà spezzato.
Il male fa morire il malvagio
e chi odia il giusto sarà condannato.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia.
Gustate e vedete com’è buono il Signore.
Seconda Lettura Ef 5,21-32
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto.
E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo.
Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne.
Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!
Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.
Canto al vangelo (Cf. Gv 6,63c.68c)
Alleluia, alleluia.
Le tue parole, Signore, sono spirito e vita;
tu hai parole di vita eterna.
Alleluia, alleluia.
VANGELO Gv 6,60-69
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gloria a te, o Signore.
In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.
Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
Parola del Signore. Lode a te o Cristo.
La professione di fede
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito, Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato: della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. (si china il capo) Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi, sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine.
Credo nello Spirito santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei profeti.
Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.
Volete andarvene
anche voi?
La nostra preghiera di oggi
La parola di Dio che abbiamo ascoltata ci sprona a riporre tutta la nostra fiducia nel Signore. Ricorriamo a lui per le nostre necessità.
- La tua parola dà vita:
– susciti nei popoli il desiderio e la volontà di camminare sulla via della pace, del dialogo e della mediazione. - Ogni cristiano sappia rinunciare al fascino delle parole umane, a una politica fatta di promesse e interessi, a un servizio sociale fatto di comodo e gratificazione,
– per vivere il Vangelo come sola parola che procura la vita eterna. - Tutti i membri delle chiese cristiane, prendano coscienza che li unisce l’unica fede nel Risorto,
– e superino senza indugi le divisioni e i contrasti, nel dialogo e nella carità operosa. - La tua parola ci illumini a guardare e ad esaminare le cose e gli avvenimenti non con lo sguardo del mondo,
– ma con quello della fede e dello Spirito santo, che ci fa scorgere, al di là delle cose, le meraviglie di Dio. - La vita eterna che la tua parola ci dona susciti in noi la speranza
– che, insieme a Gianfranco e ai nostri fratelli e sorelle defunti, siamo predestinati come figli adottivi in Cristo alla comunione definitiva con il Padre nell’amore dello Spirito Santo.
(Intenzioni personali formulate nel silenzio)
(Tutti) Ti rendiamo grazie, o Dio, Padre nostro, per il tuo Figlio Gesù Cristo: quando celebriamo il sacrificio della nuova alleanza ci accostiamo a lui, che solo ha parole di vita eterna. Egli è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Canto all’offertorio
Santo
Agnello di Dio
Antifona alla comunione
Prima di accostarci al Pane Eucaristico, facciamo memoria del Pane della Parola:
Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna. (Gv 6,68)
Comunione
Canto finale
Per la preghiera a casa
Orientamenti per la preghiera
Leggere nella bibbia: lo Spirito che da vita (Ez 36,23-37 e Gv 16,5-15); la conoscenza a cui conduce la fede (Gv 14,7-31 e Col 2,2-10).
Letture di domenica prossima, XXII Domenica del Tempo Ordinario B:
Deuteronomio 4,1-2.6-8; Salmo 14; Lettera di Giacomo 1,17-18.21-22.27; Marco 7,1-8.14-15.21-23
Quale Dio volete servire?
Con questa 21ª domenica del tempo ordinario concludiamo la lettura del capitolo sesto di Giovanni, il discorso del pane di vita. Il taglio con cui affrontare l’ultima parte del dibattito tra Gesù e i suoi ascoltatori, e, tra questi, i dodici, ci è come al solito offerto dal testo della prima lettura. Ci troviamo di fronte a una piccola antologia di versetti tratti dal capitolo 24 del libro di Giosuè. Il capitolo 24 è probabilmente una composizione risalente all’epoca dell’esilio babilonese, che serve a concludere la narrazione della conquista della terra di Canaan, argomento del libro di Giosuè, con un episodio particolarmente significativo: il rinnovo dell’alleanza con il Signore presso la città di Sichem. Lasciando da parte le molte questioni d’ordine letterario e storiografico, è sufficiente notare alcuni particolari. Il brano liturgico riporta l’introduzione al discorso di Giosuè, che, nel testo biblico, inizia con i vss 3-13, completamente saltati dalla liturgia, ma necessari per comprendere il senso del testo. In quei versetti, infatti, in bocca a Giosuè viene posto un riassunto delle azioni compiute da Dio a favore d’Israele, dai tempi di Abramo sino all’ingresso nella terra promessa. Per quanto riguarda Abramo, il testo di Giosuè fa riferimento a una tradizione non attestata nella Genesi, che cioè la famiglia di Abramo fosse idolatra e che la migrazione di Abramo nella terra di Canaan fosse coincisa con l’abbandono degli idoli e la scoperta del vero Dio.
Alla luce di questa rievocazione di carattere storico, i vss 14‑24 acquistano un significato molto importante: Giosuè si rivolge al popolo per ben quattro volte, chiedendo quale Dio il popolo intende servire. In molti altri testi del Pentateuco l’alleanza tra Dio e il suo popolo è descritta come un gesto del tutto unilaterale da parte di Dio (v. ad esempio Gen 9; 15; 17); qui, invece, viene messa in luce la parte che spetta all’uomo: Israele è invitato a scegliere liberamente quale Dio intende servire e per quattro volte, nonostante gli avvertimenti di Giosuè, il popolo sceglie di servire il Signore. Di questo dibattito la liturgia ci riporta una prima parte degli inviti di Giosuè (vs 15) e una prima parte di una delle risposte del popolo (vss 17‑18). Solo allora, dopo che il popolo ha scelto, l’alleanza potrà essere davvero rinnovata (vss 25‑26).
«Scegliete, oggi, chi volete servire». L’invito di Giosuè fa parte della tipica tradizione deuteronomistica, dove il tema dell’“oggi” acquista una grande rilevanza. Ciò che è detto in questi testi non è tanto una rievocazione di fatti lontani, anche se dietro il racconto dell’assemblea di Sichem sarebbe forse possibile vedere l’eco dell’incontro tra le tribù rimaste in Canaan con quelle che avevano fatto l’esperienza dell’esodo e del nuovo Dio, YHWH, il Signore rivelatosi al Sinai. Ciò che è detto vale piuttosto per l’oggi, cioè per ogni ascoltatore nel momento stesso in cui si pone davanti a questi testi: chi volete dunque servire? Se è vero che la fede è un dono, il testo di Giosuè ci ricorda che è anche necessario scegliere e che il Signore non obbliga nessuno a seguirlo, ma presuppone la nostra libertà. Tutto ciò ci prepara ad ascoltare la domanda posta da Gesù ai dodici: «forse anche voi volete andarvene?».
Che il discorso di Gesù sul pane di vita avesse creato scandalo ai suoi ascoltatori, lo avevamo già capito: nelle domeniche precedenti, infatti, la lettura di Gv 6 ci ha portato spesso a sottolineare l’incomprensione degli interlocutori di Gesù (v. in particolare i vss 30. 42. 52). D’altra parte Gesù stesso ha sempre rinviato al tema della fede: i segni che egli offre sono comprensibili soltanto in quest’ottica. Al termine del suo discorso (v. il brano proposto domenica scorsa) scoppia lo scandalo più grosso: Gesù esagera! E così molti dei suoi discepoli se ne vanno. La difficoltà incontrata dai discepoli è quella che la chiesa di ogni tempo continua ad incontrare: è mai possibile che quel pane e quel vino siano la carne e il sangue di Gesù? Il buon senso dell’uomo sembra prevalere per addomesticare e inserire in un contesto più accettabile le parole del Signore; in precedenza Gv 6,26 aveva messo in luce una prima radice dell’incomprensione: il desiderio di centrare tutto su se stessi; Gv 6,41‑42, invece, ha sottolineato una seconda radice del rifiuto: lo scandalo dell’incarnazione. Ognuno potrà ampliare per suo conto questa riflessione: in che modo anche oggi le parole
del Signore – queste sull’eucaristia, ma molte altre ancora – continuano a creare scandalo?
Come sempre avviene nel vangelo di Giovanni, di fronte alle critiche ricevute Gesù sembra rincarare la dose. Vi è così un segno ancora più scandaloso dell’eucaristia: il ritorno di Gesù al Padre, che presuppone però, come ormai già sanno i lettori del quarto Vangelo, la morte violenta di Gesù e, quindi, la croce. Il vs 63 aggiunge ancora qualcosa: il pane che Gesù offre appartiene alla sfera di Dio ed è un segno incomprensibile se non è lo Spirito Santo stesso a spiegarlo. In questo senso è vero che «la carne non giova a nulla»; l’uomo non è capace cioè di comprendere da solo il mistero che gli sta di fronte. La duplice risposta di Gesù mette ancor meglio in luce i motivi che stavano alla base della contestazione: i discepoli non hanno compreso il rapporto che lega Gesù con il Padre (vs 62) e non hanno capito che solo nel dono dello Spirito è possibile trovare la vita: «Le parole che vi ho detto sono Spirito e vita» (vs 63). In altre parole, dubitano sia dell’origine divina del Signore sia della salvezza che egli vuole offrire agli uomini.
Questo passo giovanneo, che mette in risalto il tema dell’incredulità proprio al termine di un discorso così importante, è accostabile agli altri brani che, nei vangeli sinottici, descrivono la crisi di fede dei discepoli; visto che quest’anno leggiamo il vangelo di Marco, si pensi in particolare al testo di Mc 8,14‑21, proprio in relazione al tema del pane, testo omesso dalla liturgia domenicale e che in questa sede potrebbe essere richiamato (v. anche i testi di Mc 6,52; 7,17‑18). Giovanni insiste ancora sull’incredulità dei discepoli (vs 64), ma molto di più sull’impossibilità, per l’uomo, di credere se ciò non è concesso loro dal Padre (vs 65). Per credere, dunque, bisogna essere disponibili ad accogliere un dono, smettendo così di confidare soltanto nelle proprie forze; la fede implica la rinunzia ad ogni pretesa forma d’autosufficienza.
Nel testo che abbiamo ascoltato sembra che il rifiuto di Gesù da parte dei suoi stessi discepoli non abbia mai fine; ma nel testo giovanneo, mentre sembra aumentare l’incomprensione dei discepoli, matura la fede dei dodici. Quel che lui ha detto provoca come risultato immediato soltanto un’ulteriore fuga: «Da allora molti dei suoi discepoli si ritirarono e non andarono più con lui» (vs 66); sembra che intorno a Gesù si sia fatto il vuoto. Eppure c’è qualcuno che accoglie il dono del Padre (vs 65): i dodici. Essi, per bocca di Pietro, riconoscono che Gesù è il Santo di Dio, cioè colui che il Padre ha consacrato (v. Gv 10,36 e anche Gv 17,19). È singolare che in tutto il vangelo di Giovanni i dodici vengano menzionati soltanto in questo contesto; a questi dodici Gesù rivolge un’ultima provocazione: «Forse anche voi volete andarvene?». Come Giosuè, nel brano letto come prima lettura, anche Gesù pone i suoi discepoli di fronte alla necessità di scegliere. Egli non ha bisogno di servi, ma di amici; non di schiavi, ma di uomini liberi. Se è vero che la fede è un dono (vs 65), questo dono deve essere accolto nella libertà. Gesù rischia molto: solo chi conosce veramente le persone che gli stanno di fronte può sentirsi al sicuro! Un povero parroco che oggi dicesse parole simili rischierebbe di voltarsi e di trovare la chiesa vuota; ma occorre continuare a scommettere sulla libertà. Questo è lo stile di Gesù, anche se egli sa che ci sarà sempre un traditore; su questa tonalità amara si chiude infatti il brano giovanneo (vss 70‑71, omessi dalla liturgia).
La risposta dei dodici alla provocazione di Gesù è davvero impressionante: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna!». Ha intuito due cose il povero Pietro, il primo a buttarsi e il primo a fuggire: di questo Gesù non si può proprio fare a meno. Vale la pena di continuare a seguirlo: nessuno, prima di lui, ci aveva aperto gli occhi su una “vita” così diversa da quella alla quale eravamo abituati; una vita che non finisce, la vita stessa di Dio. Ma Pietro va oltre: «Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». La successione dei verbi è tipica di Giovanni: il “credere” precede il “conoscere”; l’aver conosciuto il Signore non è sufficiente, se non si è disposti a credere in lui. Pietro dimostra di aver creduto, di essersi cioè fidato del Signore, prima ancora di aver compreso tutto ciò che egli ha detto.
Luca Mazzinghi